Una storia di persone e non di capitali e macchinari: il caso Sice Previt S.p.A.

Ho conosciuto Arturo Caprio, il titolare di Sice Previt, al nostro corso in SDA Bocconi organizzato dall’Associazione Nazionale Costruttori Italiani (ANCE). Arturo è un signore di 65 anni dotato di quello sguardo intelligente, vivace e curioso che non ha età. In aula, seduto al suo fianco, si è portato Mario, un suo giovane manager: il rapporto di sintonia tra i due ma anche la positiva relazione tra Davide, Antonio e Elena, altri tre suoi responsabili che hanno partecipato alle edizioni successive del nostro programma, mi ha colpito al punto tale da voler dedicare una visita al loro quartier generale.

L’origine di questa impresa – che nasce nel settore edile – è davvero particolare. Monica Tonini, laureata in architettura, si trova d’improvviso nel 1985, all’età di 25 anni, a gestire l’azienda di famiglia a causa della prematura scomparsa di suo padre. Anni dopo si mette alla ricerca di un socio con il quale condividere il lavoro e dare impulso all’attività. E’ nel 1990 che inizia la collaborazione con una piccola impresa del settore, guidata da un giovane ingegnere trentenne: Arturo Caprio. L’intesa societaria tra i due titolari diventa, sorprendentemente, anche un’intesa sentimentale che li porterà a sposarsi, generando dalla loro unione oltre alla “figlia maggiore” Sice Previt, due meravigliosi bimbi.

Anche lo sviluppo dell’azienda da allora ad oggi è stato assai singolare, non solo e non tanto per la crescita dimensionale da 40 a 350 dipendenti. Partita come impresa di costruzioni di muratura, intorno agli anni 2000, intraprende una svolta importante internalizzando progressivamente reparti di carpenteria metallica, di falegnameria, di decorazione, di

lavorazione del vetro, del marmo e dell’acciaio, concentrandosi sui clienti del mondo della moda. In pratica, partendo dalla ristrutturazione dell’edificio, Sice Previt si pone nelle condizioni di fornire ai “signori” del lusso, ovvero ai grandi gruppi internazionali (francesi e italiani in primis), i negozi bandiera nelle vie più prestigiose dello shopping. Le

maestranze di Sice Previt sono di casa in Montenapoleone così come in Faubourg Saint – Honoré o nella Fifth Avenue. Gli spazi vengono consegnati finiti fino all’ultimo dettaglio dell’arredo seguendo, con una capacità di adattamento e di risoluzione di problemi unica, le richieste sempre più estreme degli studi creativi e degli architetti star che gravitano nel settore del lusso.

L’ultimo tassello di questo percorso di integrazione verticale è Fabbrica Arredi: una linea completa di arredamento per la casa, pensata e progettata nei mesi di fermo totale del lockdown, che rappresenta la “messa a terra” delle capacità stilistiche e costruttive che l’azienda offre con successo da vent’anni alle grandi maison della moda.

Cammin facendo, l’impresa è evoluta assumendo le fattezze che ho potuto toccare con mano. Immensi capannoni dove non vi è nulla dell’organizzazione industriale di stampo fordista o post fordista. Non si respira l’alienazione da catena di montaggio né tantomeno si percepisce il freddo glaciale da iper-tecnologia che prende il sopravvento sull’umano o il

vuoto desolante dello smart-working. Niente di tutto questo quanto, piuttosto, una cittadella costituita da una moltitudine di moderni laboratori artigianali, ove l’aggettivo artigianale riporta a produzioni fatte a regola d’arte caratterizzate da una perfetta integrazione tra macchina, occhio e tocco della mano, anzi del polpastrello.

In realtà quello che ho visto è molto di più. Nei grandi spazi tra un impianto e l’altro, quella sera, erano stati messi dei tavoloni con le tovaglie a quadretti imbanditi di ogni ben di Dio di vivande. La gente di Sice Previt – ovvero i collaboratori, i clienti e i fornitori – mangiavano, bevevano e se la raccontavano in un clima festoso, onesto, autentico. Un’atmosfera che non si riesce a creare artificialmente se non corrisponde al vero. Alla festa per il Salone del Mobile di una media

impresa familiare italiana (conosciutissima agli addetti ai lavori ma sconosciuta al grande pubblico) ho percepito una forza competitiva che può venire solo da un ideale e da un grande amore. Nei sorrisi degli operai, molti dei quali

indossavano la maglietta rossa con il logo aziendale, ho visto compiuto il sogno di Arturo: “Creare un’azienda fatta di persone e non solo di capitale e macchinari”. Nelle foto realizzate dal mitico fotografo (che da vent’anni documenta con il suo lavoro silenzioso tutti i cantieri della Sice Previt) traspare, senza necessità di didascalie, il senso dell’agire

imprenditoriale dei signori Caprio, di Monica e Arturo. “Vivere per lasciare un segno nelle persone che ci seguiranno così come è stato fatto da chi ci ha preceduto”. Un segno, si può dire, anche concretamente rappresentato dalla bellezza delle loro opere edili destinate, per loro natura, a durare nel tempo.

Questa volta oltre a leggere il testo vi chiedo di guardare attentamente le immagini: capirete che non c’è retorica e men che meno marketing ma solo tanto tanto amore e significato.

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